Intorno alla fine degli anni “90 anche il ruolo della linfadenectomia ascellare comincia a subire una importante rivisitazione critica. Inizia l’era del linfonodo sentinella ed il concetto di chirurgia conservativa viene così esteso anche al trattamento dell’ascella.
Numerosi trials condotti tra la fine degli anni “90 e gli inizi del duemila, in pazienti con linfonodi ascellari clinicamente indenni alla diagnosi, hanno dimostrato che l’assenza di metastasi nel linfonodo sentinella corrisponde all’assenza di metastasi anche nei rimanenti linfonodi ascellari, facendo venire meno in questo caso la valenza terapeutica della linfadenectomia ascellare. Considerando, inoltre, che l’incidenza di recidive linfonodali ascellari a 5 anni nelle pazienti con linfonodo sentinella negativo e non sottoposte a linfadenectomia ascellare è inferiore all’1% dei casi. La biopsia del linfonodo sentinella diventa quindi il gold standard nella stadiazione dei linfonodi ascellari e le indicazioni alla linfadenectomia ascellare sono limitate alle pazienti con linfonodi ascellari positivi alla diagnosi ed a quelle con linfonodo sentinella positivo.
Questo potrebbe essere considerato lo stato dell’arte nel trattamento del carcinoma della mammella, a meno però di alcune questioni successive tuttora più o meno in discussione.
La prima è quella relativa al significato prognostico delle micrometastasi nel linfonodo sentinella, quelle metastasi cioè con dimensioni ≤ 2 mm, fino a non molto tempo fa considerata indicazione alla linfadenectomia ascellare. I trials IBCSG 23-01 e AATRM 048, i cui risultati sono stati pubblicati nel 2013, hanno, tuttavia, dimostrato che nei casi con micrometastasi nel linfonodo sentinella la linfadenectomia ascellare non migliora né la sopravvivenza globale, né la sopravvivenza libera da malattia, né l’incidenza di recidive locoregionali. Tanto che attualmente, anche se non esplicitamente indicato in molte linee guida, in presenza di micrometastasi nel linfonodo sentinella non viene più eseguita la linfadenectomia ascellare.
Sicuramente più rilevante e decisamente non ancora conclusa è invece la questione relativa alle indicazioni alla linfadenectomia ascellare in presenza di macrometastasi (diametro > 2 mm) nel linfonodo sentinella. Il trial Z0011 dell’American College of Surgeon Oncology Group, pubblicato nel 2011, ha dimostrato percentuali di sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da malattia sovrapponibili nelle pazienti con 1-2 linfonodi sentinella positivi sia sottoposte che non sottoposte a linfadenectomia ascellare. I risultati di questo trial sono stati confermati in analoghi successivi trials ed approvati in diverse meta-analisi pubblicate recentemente.
I risultati di questo trial rappresentano una vera e propria rivoluzione nel trattamento chirurgico del carcinoma della mammella, imponendo una ulteriore e sostanziale rivisitazione del concetto di radicalità chirurgica oncologica. Il controllo locoregionale della malattia non dipende solo dall’estensione della demolizione chirurgica ma è strettamente correlato alla biologia del tumore ed in particolare da alcuni importanti fattori prognostici indicativi dell’aggressività biologica del tumore che, oltre allo status dei linfonodi ascellari, sono fondamentalmente la presenza di: recettori ormonali, invasione vascolare, HER-2-neu e l’indice di proliferazione cellulare. Tutti fattori che sostanzialmente hanno determinato in questi ultimi anni l’estensione nelle indicazioni alla chemioterapia adiuvante che, insieme alla disponibilità di farmaci più efficaci e più selettivi, ha contribuito in maniera sostanziale al controllo loco-regionale della malattia riducendo l’incidenza delle recidive, anche in caso di interventi chirurgici meno estesi.
Questa evidenza è destinata a condizionare e modificare ulteriormente il ruolo della chirurgia nel trattamento del carcinoma della mammella, tanto che sono in corso alcuni studi volti a valutare l’efficacia della linfadenectomia ascellare anche nelle pazienti con tre o più linfonodi sentinella metastatici. Ed è, infine, in corso di svolgimento un trial (SOUND-Trial) iniziato nel 2012, in cui le pazienti con linfonodi ascellari negativi all’esame clinico, all’ecografia ed alla citologia pre-operatoria vengono randomizzati in due bracci: il primo segue l’attuale politica della biopsia del linfonodo sentinella, il secondo non viene sottoposto ad alcun trattamento chirurgico dell’ascella ma solo ad osservazione clinico-strumentale.
In conclusione il gold standard attuale nel trattamento chirurgico del carcinoma della mammella è ancora rappresentato dalla chirurgia conservativa con biopsia del linfonodo sentinella. Le indicazioni alla mastectomia sono limitate a una ridotta percentuale di casi, tra i più frequenti: i carcinomi multicentrici e quelli che non hanno dato una soddisfacente risposta alla chemioterapia neoaduivante. La linfadenectomia ascellare è indicata nei casi con linfonodi positivi alla diagnosi preoperatoria ed ai casi con macrometastasi al linfonodo sentinella.
Fino ad oggi la chirurgia continua ad mantenere saldo il suo ruolo di primo piano nella cura del carcinoma della mammella, rappresentandone il trattamento primario nella quasi totalità dei casi. Quale sarà il suo futuro, che per altro riteniamo già abbastanza prossimo, è però chiaramente intuibile da quanto abbiamo fin qui esposto.
Mario Adelfio Latteri